Ndr: Capitolo 16
Hello, Lover.
Nel capitolo 16 c’è stato tanto amore:
Și è parlato dell’immagine più alta che, nell’immaginario collettivo, si ha dell’amore, il matrimonio. Eppure noi, al matrimonio, non ci avevamo mai pensato prima. Mai in 14 anni. Almeno, non per davvero. Non nel concreto.
Quando ci pensavamo era perché qualcuno, qualche parente insistente, arrivava a bussare alla porta con quelle domande a cui non sai mai come rispondere:
“Allora, quando vi sposate?”
E tu guardi e pensi. Pensi che non lo sai, pensi che il legame sia già solido oggi e sei certa lo sarà anche domani. Che non servono nuove e ulteriori strutture. Fino a quando la vita non ti fa vedere le cose sotto nuove prospettive:
Sai che non ho mai sognato l’abito bianco ma che ho sempre saputo che saremmo stati insieme tutta la vita. Che il nostro è un legame che rimane. Se mi dici di chiudere gli occhi e immaginarmi a 50 anni, io ci vedo insieme come adesso, come allora, come sempre.
Lo dico senza pensare a dove sono. In quella camera di ospedale che la vita la sta risucchiando via. Ma è vero, al matrimonio non ci ho mai pensato, mai sognato, ma in quei giorni che hanno delimitato dei nuovi limiti, ho sentito parti lontane del mio corpo che mi portavano verso quel desiderio. Alla fine, l’unica cosa che davvero vorrei è riuscire ad arrivare a inizio maggio e celebrare il nostro amore prima che tutto vada in frantumi.
Ed è vero. Quando sono finita nel vortice di quegli ultimi giorni, quando siamo stati rinchiusi in quella camera di ospedale, ho sentito dei richiami dentro di me. Come a voler mettere un sigillo sul cuore. Come a legare per sempre quell’amore. Un modo per non farlo mai andare lontano da me.
Ma non ho rimpianti. Non ne ho mai avuti in questa storia.
Ma quel momento della nostra vita in cui, seduti su quel letto sanificato, abbiamo immaginato come poteva essere la nostra festa d’amore, è stato come viverla davvero. Ed è stato molto bello. E spero che, avendoti regalato questo momento, anche tu abbia fatto parte di quella serata così limpida e leggera per l’anima.
Il rito è civile e a sposarci è Dario che, non chiedermi come, ha la licenza, anche se sospetto l’abbia ottenuta illegalmente all’addio al celibato. Ma non importa. Importa il momento.
Viene letto il sonetto 116 di Shakespeare e una poesia di Antonia Pozzi, io dico le mie promesse e tu piangi piano e, nell’attimo di una vita, ci uniamo per l’eternità. Ti avvicini e mi baci e io ti abbraccio e ti limono mentre rido e iniziamo la festa più lunga della nostra storia mentre usciamo dal pergolato sulle note di “Rapper’s Delight” degli Sugar Hill Gang e le persone restano lì, felici e curiose nel vedere la magia tra queste due persone normali che, in tutti questi anni, non sono mai riuscite a stare lontane l’uno dall’altra.
Il sonetto 116 lo conosci già, te l’ho raccontato nel Prologo di questo libro, perché è sempre stata la nostra poesia. L’inizio e il fondamento del tutto.
La poesia di Antonia Pozzi è questa, “Bellezza”:
Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch'io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –
Potrebbe sembrare un racconto molto triste per te che leggi, pensando all’ingiustizia di questa festa che non ha avuto il tempo di essere organizzata e realizzata. Ma io sono sempre molto felice quando ripenso a quel momento e a quelle immagini che abbiamo disegnato insieme io e Ste, perché dentro di me so che quel giorno arriverà. So che quella festa, prima o poi, succederà:
Volevo dirti che hai organizzato proprio un bel sogno e io non vedo l’ora di prenderne parte. Però, prima, c’è una domanda di rito che devo farti: Pan Pan, vuoi fare una festa d’amore con me?
E un modo carino per dirmi che non vuoi sposarmi?
Ti sto dicendo che, se mi ami, è molto semplice, mi puoi dare la mano e venire con me in quel giardino questa primavera e stare insieme, per sempre, a modo nostro.
Sì, Jacques, lo voglio. Voglio fare questo ballo della vita con te. Ci vediamo sotto il pergolato a maggio. Non farmi aspettare.
Quindi, sii felice per noi. E continua a immaginarci così, che usciamo da quel pergolato sulle note della nostra prima e ultima canzone d’amore:
Goditi sempre le immagini del tuo cuore. Accoglile, falle tue. Non pensare sia solo evasione. Sogna sempre mondi possibili. Perché se li senti davvero, arriveranno. Un giorno, credici, succederanno.
Ci vediamo martedì con il capitolo 17. Ricordati di avere un abbonamento a pagamento se vuoi leggere cosa succederà nel prossimo racconto:
Good Night e Good Dreams,
With love, Charlotte
Io, su Instagram | I racconti precedenti
Copyright © 2022 By Your Side