Ndr: Capitolo 17
Hello, Lover.
Non credevo che questo capitolo ti sarebbe piaciuto così tanto:
Ho ricevuto tantissimi messaggi dopo questo racconto che, personalmente, ritenevo difficile, come altri sono arrivati. Ma sono felice di essermi ricreduta, di aver sentito tanta vicinanza e comprensione verso questo momento della mia vita insieme a Ste.
L’idea di telefonare Ste quella sera del 28 novembre scorso, il giorno prima del suo compleanno, mi è venuta leggendo il libro “Quel che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina.
È un libro che avevo comprato un anno e mezzo prima, nell’estate del 2020, quando Ste era ancora accanto a me. Racconta di persone che hanno perso qualcuno durante lo tsunami del 2011 in Giappone e tornano a parlare con i loro cari scomparsi troppo in fretta grazie a una cabina telefonica muta, affidando le loro parole, i loro messaggi, al vento. Questa cabina telefonica esiste davvero, si trova qui. E ho pensato: “Non devo per forza raggiungerla fisicamente per liberare le parole incastrate dentro al mio cuore e farle vivere nella realtà”. Anche perché, dopo anni di terapia, so bene quanto le cose dette a voce alta abbiano un valore e una potenza diversa rispetto al pensiero che conosci ma che resta chiuso dentro di te.
Quando in quell’estate del 2020 ho finito il libro, mi sono messa in contatto con l’autrice, Laura Imai Messina, inviandole un messaggio tramite Instagram: le ho raccontato brevemente la mia storia, che Stefano era malato e che avevo inizialmente paura a leggere quel suo libro, come se fosse una premonizione che non potevo accettare si avverasse. Alla fine, l’ho ringraziata, perché mi ha permesso di entrare in contatto con parti nascoste delle mie emozioni e dare loro forma. Senza che neanche lo immaginassi, Laura mi ha risposto a quel mio messaggio con un audio vocale, che mi ha commosso molto, perché mi ha fatto capire che le connessioni, non solo tra conoscenti, non per forza tra essere viventi, sono sempre potenti e travalicano lo spazio. E che liberare le parole non è scontato e non è per tutti.
Ricordo che, giorni dopo aver finito il libro, mentre Ste dormiva sul divano esausto dalla radioterapia, ho scritto al computer alcune righe, in cui dicevo che non ero pronta a lasciarlo. Non ero pronta a vivere in un mondo senza di lui, senza la sua voce, senza le nostre conversazioni.
Ma ho imparato che non possiamo controllare la vita, non possiamo decidere noi per lei. Ma possiamo sempre decidere per noi stessi, come vivere questa vita e che valore dare alle emozioni che ogni giorno ci popolano, ci animano:
Ho il fiato corto quando penso alla tua sofferenza che ora è diventata mia. E sai cosa mi darebbe davvero tanto ossigeno dentro questa vita asciutta e prosciugata? Un tuo abbraccio, uno di quelli che mi davi alle spalle, sorridendo e dicendo, Ciao Pan Pan. Rimette davvero in sesto anche le ossa, un tuo abbraccio. Ogni pezzo di cuore rotto. È un suono che sento di frequente, quello delle cose che cadono e si rompono. Solo che non mi spaventano, resto ferma ad ascoltare questi suoni fracassati, mentre in sottofondo canto qualche melodia del passato più dolce.
E quando fermo la melodia, quando guardo tutti questi pezzi rotti, mi chiedo se questa è la vita. Mi chiedo se ci può essere una seconda vita nell’arco della vita di una persona o se tutto è destinato a finire con la fine dell’amore e a susseguirsi come un dejavu che ti butta giù.
Per quanto quella telefonata, durata circa 40 minuti, mi abbia tolto parte dell’anima, come a svuotarmi, sono felice di averla fatta, sono felice di aver accolto e superato un mio limite, perché mai avrei creduto avrei fatto una cosa del genere. Penserai “Cosa ci vuole a prendere il telefono e parlare con qualcuno che non c’è più”. È vero, è un gesto banale, ma ogni cosa, anche se banale, se fatta con piena coscienza e vera consapevolezza e trasporto, porta con sé mondi interi, che ti possono cambiare.
E la vita, inspiegabilmente, mi ha ripagato per questo gesto di normale coraggio. Ma questo lo vedremo martedì, nel prossimo capitolo, dove racconterò cosa è successo dopo che ho attaccato il telefono e terminato quella chiamata.
Non dico oltre che nel XXI secolo a spoilerare si fa peccato.
Quindi, ti lascio con la canzone della settimana, che parla di suoni, di silenzi, di sentimenti. Una canzone che, così come il capitolo 17, ti potrà ricordare che comunicare tra di noi, anche con chi non c’è più, è fonte continua di vita. Soprattutto oggi, dove le persone sono iper connesse, parlano ogni istante della loro esistenza, ma senza comunicare realmente niente. Sentono senza ascoltare.
Fermati, Lover. Ascolta i silenzi. Accogli le parole, da dovunque esse arrivino. Falle tue. Falle vivere. E non avere paura di affidarle al vento o a qualcuno a cui tieni. Il silenzio, così come le parole e l’amore, smuove sempre. La vita ci smuove se la ascoltiamo davvero.
Buon ascolto. Per davvero.
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