“Se la morte ti ha tolto qualcosa,
Tu restituiscilo
Restituisci
Ciò che hai avuto da colui che è morto
Quando state sotto la pioggia la neve
Il sole e colui che è morto era vivo
E volgeva il suo volto verso di te
Come volesse chiederti qualcosa
Che non ricordi più e anche
Lui aveva dimenticato ed è
Un’eternità
Un’eternità ormai, ora”
(Naja Marie Aidt, Se la morte ti ha tolto qualcosa)
Ho avuto paura della morte. Poi non più.
Ho avuto paura della morte un tiepido pomeriggio di primavera. Me ne stavo seduta serena e composta su una sedia a leggere “Suite Francese” di Irène Némirovsky. Una mariposa passava di là, da un ramo a un altro, la stessa dell’altr’anno, così mi piaceva pensare, il cielo era il tetto e i bambini giocavano a palla. Che bello qua. “Sarà dura, pensavano i parigini. Aria di primavera. Una notte di guerra, l’allarme. Ma la notte svanisce, la guerra è lontana”. Ho avuto paura della morte in quel pomeriggio di primavera sotto i ciliegi in fiore e le primule viola. L’immagine perfetta di una bellezza eterna, eterea.
Poi non più. Non ho più avuto paura della morte una serena sera d’estate. Cinque mesi e ventiquattro giorni dopo. Era una bella sera, dopo tutto. Eppure avrei voluto morire. Me ne stavo lì, seduta per terra sotto un salice piangente in quella che molti chiamano la città dell’amore, altri la città delle luci, ville lumière, con le gambe a penzoloni e la musica nelle orecchie, mi sembra stessi ascoltando “Wonderwall" degli Oasis. “There are many things that I would like to say to you, but I don't know how”. La vita piombava ovunque dalle strade intorno, senza esitazioni o preoccupazioni. C’erano persone in festa felici vicino a me, sconosciuti per lo più. Badavano ai fatti loro, gli sconosciuti, a qualche racconto, qualche ricordo, badavano a bere e brindare, non credo badassero a me lì seduta in silenzio mentre pensavo che forse, dopo tutto, non avevo più nulla da raccontare. Una zona di silenzio in mezzo al loro andare. Una luce dell’ultimo tramonto sugli occhi. Adieu.
Mi passi il sale, Charlotte? Charlotte…
Ah, scusa, mi ero distratta.
Apro gli occhi dai ricordi, un nero paradiso. Eccomi qua. Di nuovo qua. Nella vostra realtà.
Prendo il sale dalla tavola e lo passo, come richiesto. Finché seguo il dritto tragitto, non sbanderò. Finché sto sul tracciato segnato, non mi perderò. Ma ho imparato che non è